
La Fortezza Vecchia di Livorno
il monumento che racchiude la storia cittadina
Bastione Ampolletta
L'architettura dei Da Sangallo
L'opera di Antonio Da Sangallo il Vecchio, si lega all'attività ed alle tecniche costruttive del fratello Giuliano, uniti sia da un'intensa attività edificatoria di fortezze e strutture difensive sull'intero panorama geografico italiano, sia dall'adesione alla forma del baluardo pentagonale e l'utilizzo della contrapposizione fra superfici concave e convesse.
Le loro cittadelle fortificate sono caratterizzate da forme pentagonali o quadrilatere con cortine. Molto spesso diventano parte integrante di una città, o sono individuate in luoghi strategici del territorio.
Antonio e Giuliano riuscirono a portare avanti numerosi progetti caratterizzati da coerenza e omogeneità, affrancandosi così dalla semplice attività teorica tipica del Rinascimento, relativa alla disciplina architettonica militare, liberandosi dalla qualifica di semplici sperimentatori.
Numerose le loro innovazioni e varianti sulle teorie tradizionali fortificatorie che riguardarono tanto le piante, in linea con le strutture poligonali del tempo, quanto i profili sistemici delle scarpe e controscarpe, gli spalti e la direzionalità delle armi da fuoco. Tutto era progettato secondo rapporti geometrici precisi a tutela dell'apparato difensivo e della vulnerabilità dei forti e delle pertinenza di difesa.
La feconda opera edificatoria dei Da Sangallo prende le mosse dai trattati teorici del Rinascimento, in particolare dal pensiero di Francesco di Giorgio Martini, che rinnova l'arte fortificatoria nel noto il Trattato di architettura civile e militare, scritto durante la sua permanenza presso la corte del Ducato di Urbino (opera di spunto vitruviano, considerata rivoluzionaria e pionieristica per la presenza di disegni didascalici a corredo).
L'architettura militare, con Francesco di Giorgio Martini ed i Da Sangallo, si trasforma in una vera e propria branca della geometria; infatti, dal momento che le piante disegnate dovevano essere trasferite sul terreno con la massima esattezza, gli architetti furono costretti ad ideare complessi sistemi di tracciamento e ingrandimento dei disegni.
Le semplici fortezze di minuscole dimensioni (in confronto alle successive realizzazioni) realizzate dai Sangallo possiedono già molti degli elementi che caratterizzeranno l'architettura militare per secoli; l'uso del laterizio con i mattoni economici, facili da usare rispetto alla pietra, ed elastici, per meglio resistere all'artiglieria; le "cuciture" verticali realizzate in pietra, per decorare e irrigidire le lunghe cortine di laterizio; i bastioni pentagonali bassi, spesso con gli spigoli arrotondati per evitare di essere scantonati e indeboliti facilmente; ed infine, le batterie situate negli angoli rientranti degli orecchioni fra il bastione e la cortina, invisibili dallo spalto.
Altro elemento che influenzò fortemente l'opera degli architetti militari del Rinascimento fu lo sviluppo veloce dell'artiglieria a partire dal XV secolo, che modificherà in maniera irreversibile il rapporto fortezze-città e, diviene nuovo spunto e stimolo per garantire l'ottima soluzione di tiro per la difesa e il contrattacco; infatti, nonostante la polvere da sparo e l'artiglieria fossero state inventate da tempo, solo lo sviluppo di artiglierie portatili poteva mettere in discussione le tradizionali fortificazioni basate sulla difesa piombante, costituite da muraglie perpendicolari al suolo, relativamente sottili e spesso molto alte e con coronamento sporgente.
Moltissimi i casi esemplari della loro attività, come la cittadella di Poggio Imperiale, vicino a Poggibonsi in Toscana, elaborata da Giuliano Da Sangallo, insieme al progetto di cittadella fortificata per Lorenzo il Magnifico. Il progetto del 1488 della cittadella dalle forme sinuose di forma pentagonale allungata è altamente innovativo e precoce rispetto alle teorie del Martini, ma senza la protezione arrotondata del fianco, tipica delle opere mature dei Da Sangallo.
Nel 1494 Giuliano inizia la costruzione della cittadella di Civita Castellana in provincia di Viterbo dal tracciato pentagonale irregolare ed un'asimmetria nell'impianto, imputabile alla conformazione difficile del terreno di supporto caratterizzato da banchi di roccia tufacea. Compaiono arrotondamenti dei vertici in tre baluardi dei fronti rivolti alla città, che rappresentano una prima elaborazione sangallesca dell'arrotondamento del fianco, anche se la cannoniera non ha ancora conseguito la contrapposizione funzionale di spazio concavo e convesso tipica della loro architettura rivoluzionaria.
Nel 1503 Giuliano Da Sangallo progetterà la cittadella di Sansepolcro addossata ad un vertice del circuito urbano, che, con un preesistente torrione medievale lo costringerà ad una forma non regolare. I tre baluardi esterni sono stati modificati nel tempo, mentre il bastione interno mantiene la struttura originaria e mostra la cannoniera che si apre nella convessità dell'orecchione.
Tra il 1501 e il 1503 invece Antonio Da Sangallo dirige i lavori per la fortezza di Nettuno che vede le cannoniere inferiori ancora disposte alla maniera di Civita Castellana e Sansepolcro sulla convessità dell'orecchione, però quelle superiori si aprono in un fianco ritirato rettilineo, rappresentando una novità in assoluto.
Risale al 1502 il progetto di Giuliano Da Sangallo per la cittadella di Arezzo, che vede l'intervento di Antonio a partire dal 1505, dove emergono ormai chiaramente le concavità dei fianchi ritirati con doppio ordine di cannoniere.
Antonio Da Sangallo progetterà la Fortezza di Livorno tra il 1519 e il 1533, prevedendo la demolizione sia di parte dell'antico borgo, che della pieve di Santa Maria e Giulia, per liberare la visuale delle direttrici difensive. Tale opera costituirà però un progetto non del tutto completo per un assoggettamento alle preesistenze medievali e le difficoltà costruttive e di staticità causate dalle fondazioni in mare. Solo uno dei suoi bastioni, ovvero quello della Capitana, sembra risultare coerente e funzionale ai requisiti del fiancheggiamento.
A Livorno ritroviamo i tratti salienti ed esemplari dell'architettura sangallesca, cioè le concavità dei fianchi e le ammorsature verticali in pietra calcarea con funzioni di guida e sostegno alla struttura muraria in mattoni. Il caso di Livorno resta particolare nell'attività dei Da Sangallo, probabilmente perché qui le preesistenze della Torre Quadrata, del Mastio duecentesco e della Quadratura (opera trecentesca del dominio pisano) risultarono condizionanti, anche per la forma del forte che dovette conservarle ed inglobarle.
Non si hanno notizie delle motivazioni che prevedettero la conservazione di tali preesistenze, forse poté allettare la presenza di una torre già costruita, adibita a funzione di comando (a Ostia una torre rotonda venne costruita apposta, così come a Sarzana e a Volterra), ed ancora adatta all'utilissimo avvistamento sul mare, circostanza che probabilmente prevalse sul suo arcaismo e in contraddizione con la regola di non ammettere, nei fortilizi, elementi alti (in quanto vulnerabili all'artiglieria avversaria e pericolosi per una loro eventuale caduta sui difensori). Mentre non sembra giustificato il recinto trecentesco, divenuto in pratica un cassero, debolissimo giacché due dei suoi lati sottili nello spessore finirono per divenire il perimetro verso il porto del forte stesso, rendendolo disomogeneo e debole, dietro il bastione Canaviglia. A causa di tali condizioni limitanti il forte assunse una forma accentuatamente irregolare dotata di soli tre bastioni. Questi ultimi risultano slanciati e, benché ciascuno asimmetrico rispetto al proprio asse, richiamano quelli di Pisa. Ma i particolari che più avvicinano il Forte all'esemplare pisano sono le quasi identiche “cuciture” verticali dentate in pietra che, ad intervalli quasi regolari, scandiscono sia l'alta scarpa in mattoni, sia la contratta parete ad appiombo.
Anche a Livorno abbiamo un unico ordine di cannoniere aperte nei fianchi arretrati, ciò probabilmente perché il doppio ordine si era mostrato in passato scarsamente pratico a causa della difficoltà nello smaltimento dei fumi delle artiglierie piazzate in quello inferiore, con una ingente rarefazione del tiro difensivo. Il cospicuo muro di mattoni innalzato è solcato da una fitta serie di feritoie verticali per tiro di fucileria, e da parecchie ampie troniere senza cornice, con superiore arco scemo, destinate ad un tiro plurimo d'artiglieria frontale anziché radiale. Entrambe adatte per tipi di tiro da postazioni a cielo scoperto, dove l'eliminazione dei fumi avveniva naturalmente. Un sistema spesso utilizzato in seguito, sebbene questa soluzione soffrisse l'inconveniente della pioggia, con la evidente diminuzione di efficienza degli addetti, e subisse anche una maggiore usura dei pezzi esposti agli agenti atmosferici e all'umidità nemica delle armi da fuoco.
Con l'esperienza di Livorno si chiude il ciclo delle opere dei fratelli Antonio e Giuliano Da Sangallo, una vera e propria epopea fra le maggiori della storia dell'architettura fortificatoria italiana.
Resta difficile comunque, in generale, scindere la sfera di influenza dei due fratelli nelle loro realizzazioni, sia per le continue contaminazioni progettuali, che per le loro fattive collaborazioni. Anche per quanto riguarda la fortezza livornese si ha notizia di un disegno di Antonio per Livorno datato 1506, epoca in cui lo stesso non aveva però ancora intrapreso una sua autonoma attività.








